Dalla pagine di Repubblica, Francesca Barra, giornalista, scrittrice, conduttrice televisiva Mediaset, ha parlato è stata la prima a denunciare di aver trovato sue foto nuda, create con l’intelligenza artificiale, su un altro, ennesimo, sito sessista: SocialMediaGirls che ha una sezione di vip italiane denudate dalla tecnologia.
Francesca, come ha scoperto le foto?
«Mi ha scritto un uomo. E di questo sono anche contenta perché significa che finalmente inizia a esserci una presa di coscienza anche nel mondo maschile della differenza che c’è tra il gioco, lo scherzo, la perversione anche, e l’abuso: è un passo molto importante. È stato lui a dirmi “ti consiglio di denunciare”».
E così ha reso pubblica su Instagram la sua storia.
«Ci ho riflettuto un po’, ne ho parlato anche con mia figlia maggiore. E ho pensato che fosse la cosa giusta da fare. La mia non è una storia individuale, ma un pericolo che riguarda tutti. Ho discusso da poco una tesi in criminologia sul cyberbullismo e il mio assunto è che non sia solo un problema fra ragazzi, ma uno specchio delle nostre fragilità collettive. Cioè quel che imputiamo ai cyberbulli sono atti che gli adulti compiono dando un pessimo esempio e che tendiamo a normalizzare».
Perché è stato importante denunciare per lei?
«Ho pensato ai miei figli e ho provato imbarazzo e paura per quel che avrebbero potuto sentire o leggere di queste immagini. Ho pensato al fatto che anche mia figlia potesse subire una simile violenza, agli sfottò dei compagni. E ho pensato alle figlie e ai figli di tutti, alle ragazze che subiscono abusi digitali e che non hanno i miei stessi strumenti per difendersi».
Cosa è successo dopo la sua denuncia?
«Mi hanno scritto non sa quanti genitori raccontandomi episodi simili che avvengono su Telegram in continuazione. Scrivendomi che le figlie non escono più, che non hanno denunciato perché si vergognano, che sono inibite, che si sono chiuse in casa. È un problema reale e bisogna fare rete».
Le foto fake la ritraggono in studio, al lavoro, le ha dato fastidio?
«Di certo qualcuno ha deciso di costruire una menzogna per ottenere attenzione e insinuare il dubbio che potessi essermi mostrata in quel modo negli ambienti in cui lavoro e ho lavorato. Molti mi hanno detto “tranquilla, noi ti conosciamo, sapiamo che non faresti mai quelle foto”. Ma il problema non sono le foto nude».
Quale è il punto?
«Che una donna decida di mostrare il suo corpo come atto di ribellione, di libertà, per arte non significa che sia più o meno meritevole di violenza o di appoggio. Il problema non è affatto il corpo nudo, ma è oggettificarlo e usarlo senza consenso. È inutile che facciamo battaglie se non capiamo che il problema non sono i comportamenti singoli, ma il consenso. Questo dovremmo insegnare ai nostri figli».
Presenterà una denuncia anche alle forze dell’ordine?
«Certamente, l’ho già inoltrata. Il silenzio non ci protegge, protegge solo chi abusa e chi umilia. Prendere l’immagine di qualcuno e manipolarla e diffonderla senza permesso è un furto che colpisce il corpo, la privacy, la dignità: è un reato».
Come si combatte questa battaglia?
«Io rigiro un appello a tutte le politiche in maniera trasversale, faccio appello alle donne e agli uomini affinché sia possibile combattere questa battaglia insieme. Non è una lotta individuale o di parte, è una lotta collettiva. Queste violenze vanno rese pubbliche, vanno denunciate alle autorità, servono azioni punitive, anche un Daspo dai social per chi compie questi reati. Ma senza un’alleanza tra le parti non ne usciamo davvero».

















